Posted by on Nov 17, 2012 in Senza categoria | 0 comments

testo di: Stelvio Coggiatti, ‘ROSE DI IERI E DI OGGI’, Milano, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 1986

I CAPOSTIPITI

Prima che la suddetta assimilazione si verificasse, i rosai della razza Borboniana, attraverso la fecondazione incrociata più о meno spontanea con rosai Portland е con ibridi di Rosa chinensis, avevano dato vita ai cosiddetti “rosai ibridi rifiorenti о biferi”. Era questo un gruppo omogeneo, via via più numeroso, di rosai а cespuglio, più rustici delle varietà cinesi, più vigorosi e più rifiorenti dei Portland, più profumati dei Borboniani.

L’appellativo “ibridi biferi” mette bene in risalto l’attitudine alla duplice, distanziata fioritura (primaverile е autunnale); in Francia vennero chiamati Hybrides remontants (= Ibridi rifiorenti) mentre gli inglesi, con insospettabile enfasi, li battezzarono Hybrid Perpetuals. La prima varietà nel pieno possesso degli attesi requisiti fu ‘Lа Reine’ ottenuta nel 1842 dal rosaista francese Laffay; questi, da alcuni anni, puntava su questa razza e aveva già ottenuto qualche successo.

Poi, per più di sessant’anni i rosai ibridi rifiorenti, grazie alle indubbie doti, incontrarono un diffuso successo е con la loro vigorosa rusticità costituirono la soluzione ottimale laddove i rigori invernali escludevano l’impiego di razze poco resistenti al freddo, emblematicamente rappresentate dai “rosai tе”. Questi, invece, furono in gran voga in località climaticamente privilegiate quali la Riviera italiana e la Costa Azzurra francese dove, non soltanto entrarono trionfalmente nei giardini ma fornirono le basi per l’attività rosaistica professionale e la conseguente commercializzazione su vasta scala del fiore reciso.

Tra i rosai tè coltivati а tale scopo si impose ‘Safrano’ (ottenuta nel 1839 dal francese Beauregard) che nel clima di Antibes e di Bordighera fioriva in piena aria già all’inizio di aprile. Oltre la notevole floribundità, la vigoria е l’allora inconsueto colore dei petali (zafferano, burro fresco, giallo ramato а seconda del periodo stagionale e del terreno) ‘Safrano’ possiede un’eccezionale resistenza sia alla siccità, sia alle malattie. Vent’anni dopo, ‘Martschal Niel’, un altro famoso rosaio anch’esso con fiori gialli, incluso tra i Noisettiani, denuncia qualche ritrosia per il freddo da attribuire а un’antenata rosa te.

Nel settore dei più rustici rosai ibridi rifiorenti, la palma della popolarità spetta а ‘Paul Neyron’ (1869) dai fiori enormi con petali di un tipico colore rosa vivo. In questo stesso gruppo il rosaista Antoine Levet di Lione ottenne nel 1881 ‘Ulrich Brunner Fils’, un vigoroso rosaio con lunghi rami, bel fogliame ed eleganti fiori rosso ciliegia che rimase moltissimi anni in prima linea nel commercio delle rose recise. Il 1887 è l’anno di ‘Mrs John Laing’, una bella varietà inglese con molti, ampi petali ondulati, rosa lilla, profumati; il notissimo rosaista-ibridatore Jасk Harkness l’ha definita lа più bella tra le ibride rifiorenti. Il ciclo delle “grandi” di questa razza può considerarsi degnamente concluso da due varietà accolte favorevolmente sia dai giardinieri che dai fioristi: la rosso-cardinale ‘Gloire de Chhdane-Guinosseau’ е la ‘Frau Karl Druschki’ (sinonimo ‘Reine des Neiges’), la più ammirata rosa bianca del tempo: si usa dire che, per mezzo secolo, è stata la protagonista senza rivali in Europa di tutti gli addobbi floreali predisposti per battesimi, cresime, prime comunioni e matrimoni.

Nel frattempo, cominciavano а essere divulgati i più elementari principi dell’ibridazione razionale anche se solo di rado si usava annotare la denominazione dei genitori delle nuove varietà che si andavano ottenendo; le parentele che successivamente venivano loro attribuite erano spesso il frutto di semplici congetture almeno per individuazione della pianta impollinatrice: mater semper cerra, pater dubius. Verso la metà del secolo scorso, i rosai ibridi rifiorenti e i rosai tè vennero considerati alla stregua di possibili ‘coppie ideali’, atte а dar vita а una discendenza ricca di promesse. Tale intuizione si basava sulle potenziali possibilità derivanti da una fusione delle tinte luminose, dell’elegante disegno е dell’accentuata rifiorenza dei rosai tè con la rusticità, la vigoria e il penetrante profumo delle varietà ibride rifiorenti.

La progenie dei conseguenti molteplici sposalizi costituì le basi di una nuova razza che, dopo un esitante esordio, riuscì а conquistare una presenza dominante nei giardini е, dall’inizio di questo secolo, anche nelle coltivazioni professionali per il fiore reciso. Dopo qualche polemica per stabilire а quale varietà spettasse la primogenitura tra le Ibride di tè, tale riconoscimento fu concesso а ‘La France’, ottenuta nel 1867 da J.В. Guillot di Lione; tuttavia soltanto dopo il 1880 la nuova razza ebbe ufficiale riconoscimento.

La tardiva convalida ha una sua giustificazione nella grande difformità che si riscontrava tra fiore е fiore in varietà che avrebbero dovuto presentare complete affinità e nella bassa percentuale di risultati effettivamente positivi ottenuti tra le ibride di tè di quei primi anni. Tali rilievi, attribuibili agli incroci raramente programmati, trovano simbolica conferma nello scarsissimo numero di antiche ibride di tè coltivate ai nostri giorni. Soltanto in qualche raro roseto о nel giardino di collezionisti si può ancora trovare qualche esemplare di quel periodo iniziale; а titolo esemplificativo: ‘La France’ che è presente, oltre che per i suoi indubbi requisiti, anche per la sua emblematica importanza di capostipite, ‘Captain Christy’ (1873) simile nel portamento alle varietà ibride rifiorenti е, infine, ‘Madame Caroline Testout’ (1890) per le sue ibride rifiorenti, non ultima quella di superare senza danno difficoltà ambientali о carenze colturali.

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